mercoledì 2 febbraio 2011

Earth - Review Angels of Darkness, Demons of Light I (2011)


Il blog Stones from the Sky ha pubblicato ieri la mia recensione del nuovo album degli Earth.
Con questo post penso si chiuda quello che ho da dire su questo album che è fra i protagonisti assoluti del mese di Gennaio.



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Siediti nella penombra di una stanza di notte, accenditi una sigaretta e schiaccia play.
Se hai inserito nello stereo
“Angels of Darkness, Demons of Light I”degli Earth ti stai per fare il più bel viaggio extrasensoriale della tua vita.
Questo è in breve il resoconto di cosa può essere l’ultimo capolavoro della band di Dylan Carlson, uno che era partito dall’eroina degli anni 90 e che arriva in questo 2011 a raccontarci con linee melodiche morbide, sussurrate ed estasianti cosa si può fare con una chitarra e ben poco altro.
Batteria, basso, chitarra e violoncello, chi l’avrebbe mai detto che il confuso caos magmatico di
“Earth2 : Special Low Frequency Version”si sarebbe evoluto in questo paesaggio notturno, dolce e malinconico come non mai.
Gli Earth arrivano in questo freddo inverno del 2011 con una perla a dir poco meravigliosa.
La dilatazione totale e angusta del passato, viene ora riorganizzata in un cammino oramai iniziato nel 2005 con
“Hex Or Printing In The Infernal Method” e proseguito fino al 2008 dove “The Bees Made Honey in the Lion’s Skul” dievenne la rappresentazione dello sboccio finale della musica degli Earth.
Invece quello che non ti aspetti è che a distanza di tre anni i padri del Drone escano dal loro mondo con una nuova sbocciatura, forse anche più completa e matura di quella passata.
“Angels of Darkness, Demons of Light I” è oltretutto solamente l’inizio, come si evince dal titolo esiste una seconda parte già pronta e registrata che prima o poi vedrà la luce e solo allora forse la maturazione di questo gruppo sarà portata a termine.
Difficile dirlo, già dopo
“The Bees...” nessuno avrebbe pensato che gli Earth sarebbero stati capaci di superarsi, ma ormai non poniamo limiti a quello che Carlson & soci possono e sanno fare.
“Old Black” apre questa “piece” riagganciandosi li dove, la titletrack dell’album precedente chiudeva quel capolavoro di cui abbiamo già accennato. Chitarre eteree, evaporazione di suono dove una batteria e un basso ritmicissimi creano quelle cadenze atte a rallentare la vita intorno durante l’ascolto, con l’aggiunta di un violoncello magico e sognante, triste per definizione, che sa dare al suono degli Earth quella profondità che a volte solo l’uso di sostanze proibite riesce a creare.
Con questo album nuovo, gli Earth stessi diventano una sostanza proibita, meravigliosi, sognanti, creano psichedelia nera in un modo che nessuno riesce a fare oggigiorno.
“Father Midnight” è la colonna sonora di un film muto dove il lento cadenzare della batteria ci fa camminare con il protagonista lungo queste strade deserte e notturne alla ricerca di un qualcosa, forse se stessi che però in realtà non troveremo mai.
Hanno questa capacità gli Earth, non lanciano messaggi definiti, loro creano l’idea poi sta a te farti strada fra i fumi e le nebbie che le note spandono lungo il loro cammino.
Pregevolissimo esempio di questo cammino è “Descent to the Zenith” che con il suo incedere ci accompagna dove vogliamo essere accompagnati e via scivolare lungo sentieri misteriosi.
Approdando alla titletrack, ormai consuetudine per loro quella di chiudere i loro dischi con la titletrack, dove per 20 minuti veniamo risucchiati in vortici spazio temporali memorabili e solo alla fine ci accorgiamo che ormai la sigaretta è finita e che il disco con lei. Apri gli occhi e ti ritrovi li dove eri partito nella tua poltrona nella penombra.
Che fare ora? accenditi un’altra sigaretta e schiaccia nuovamente play, ci saranno altri nuovi mondi dove il nuovo album degli Earth ti potrà portare.

Signori questo è un capolavoro.

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Tracklist:

01. Old Black
02. Father Midnight
03. Descend to the Zenith
04. Hell's Winter
05. Angels of Darkness, Demons of Light





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